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Non è necessariamente vero che un grande campione possa far raccontare una grande storia, ma di sicuro una grande storia parte sempre da un grande personaggio. Dove, con grande personaggio, non si intende un eroe dei fumetti, ideologicamente perfetto, ma un personaggio carismatico, grande in quello che fa, dentro e fuori dal campo, nelle sue pagine più belle ed in quelle più brutte, nei pregi e, perché no, anche nei difetti.
La storia che (forse) non tutti conoscono
Se siete qui, scommettiamo che il 99% di voi la storia di Kobe Bryant da sportivo la conosca, più o meno accuratamente. Magari quello che non sapete è quel che resta dell’uomo lontano dal parquet, sempre e comunque legato alle gesta con la palla in mano, ma in una veste diversa, capace di vivere di luce propria. Nelle righe che seguiranno, dunque, i titoli dell’NBA, quelli degli ori olimpici e quelli individuali si fonderanno alle vicende umane, nella bella e nella cattiva sorte.
Kobe in Italia
Se è vero che viaggiare aiuta ad aprire la mente, un po’ del merito nella carriera e nella vita di Kobe è anche dell’Italia. Casa sua dai 6 ai 13 anni, per seguire papà Joe, cestista pure lui, protagonista di una carriera che il piccolo Kobe può solo sognare, salvo poi viverne una infinitamente più famosa, vittoriosa ed assolutamente leggendaria, con buona pace di papà Joe, finito in quella schiera di padri che, con orgoglio, vedono il figlio riuscire laddove loro non sono riusciti. Prima, ad inizio carriera, si parlava di Kobe, il figlio di Joe, e dopo qualche anno si parlava invece di Joe, il padre di Kobe. Sottili differenze che però fanno tutta la differenza del mondo.
In Italia Kobe impara i fondamenti della pallacanestro, la lingua e l’amore per il buon cibo, il tutto con un affetto sincero verso una terra per la quale nutrirà sempre nostalgia. Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia i luoghi “italiani” di Kobe, dietro al padre, che da noi consuma i suoi ultimi anni da professionista, prima che sia tempo, per lui, la moglie, Kobe e le sue sorelle di tornare in patria. A Kobe mancherà, l’Italia, ma è il prezzo da pagare per coronare il suo grande sogno.
Il talento che esce
Il ragazzo infatti, all’epoca 13enne, ha le idee chiare, vuole fare il “lavoro” di papà. Oltre al mestiere però, poco altro unirà i due Bryant: ala dal fisico longilineo Joe, guardia di qualche centimetro in meno ma di qualche chilo in più Kobe, senza parlare delle differenza di talento, sempre senza mancare di rispetto a Joe, pendente tutta dalla parte di Kobe. Talento sul quale però non tutti sono disposti a rischiare sin da subito: Kobe è “solo” 13° scelta al Draft del 1996, normale per chi ha avuto la personalità di dichiararsi eleggibile al Draft non ancora 18enne, saltando a piè pari il college, luoghi tipico di svezzamento dei giovani campioni. Su di lui si getta la franchigia degli Charlotte Hornets, che subito lo scambiano con i Lakers per Vlade Divac; prima di ufficializzare la cosa i Lakers chiedono un provino per Bryant. Dopo il provino, di dubbi i Lakers non ne hanno più, con buona pace di Divac, che quasi si offende per essere trattato da merce di scambio per un novellino.
La vita fuori dal parquet
Sul parquet il resto è storia, nei 20 anni a Los Angeles che fruttano a Kobe titoli, sogni realizzati, primati ed una fama sempre crescente che lo rende un personaggio pubblico anche fuori dal mondo della palla a spicchi. In questi 20 anni, Kobe è cresciuto, maturato, cambiato. Per le vicende sportive certo, ma anche per quelle personali. Un rapporto con i compagni non sempre idilliaco, un matrimonio lontano dalla perfezione, macchiato da numerosi tradimenti da parte di Kobe, con la moglie Vanessa Laine arrivata a chiedere pure il divorzio a fine 2011 (la coppia si è sposata nell’aprile del 2001) prima di una riconciliazione tra i due che ha portato, dopo le prime due figlie, ad altre due bambine. Matrimonio che non può non aver risentito della pagina più nera nella vita di Kobe, l’accusa di stupro datata 2003 da parte di una dipendente di un albergo, dalla quale Kobe si difenderà parlando di rapporto consensuale. Periodo duro nel quale Kobe perde varie sponsorizzazioni molto remunerative, niente in confronto all’aborto spontaneo della moglie per l’eccessiva dose di stress di quel periodo legato a quella triste vicenda.
Il ruolo delle figlie
Anche da queste tappe è passata la vita di uno dei più grandi giocatori di basket della storia, che terminata la sua carriera ha saputo riempire il “vuoto” del ritiro con tante iniziative. Centrale è stato infatti il ruolo delle figlie nella sua vita, e forse è osservando loro che Kobe ha deciso di donare tempo e denaro ai ragazzi meno fortunati: in questa chiave va letta la “Kobe & Vanessa Bryant Family Foundation”, un impegno nel sociale verso i ragazzi di Los Angeles in difficoltà, il ruolo di ambasciatore ufficiale della “After-School All-Stars”, una no-profit destinata a provvedere al dopo scuola di tanti ragazzi in svariate regioni degli Stati Uniti, o ancora la “Kobe Bryant China Found”, organizzazione con l’obbiettivo di garantire e favorire un’educazione scolastica e sportiva a ragazzi cinesi.
Oggi è bello pensare che oltre le gesta, i titoli ed un’impronta indelebile nella pallacanestro queste siano le cose che più resteranno di Kobe, e l’augurio è che questo suo impegno possa durare nel tempo anche senza di lui. Prendiamolo come un regalo che lui ci ha fatto, così come “Dear basketball…“, il cortometraggio che voleva essere una dichiarazione d’amore verso il basket ed è diventato un Premio Oscar. E’ bello pensare che in tutte le associazioni per il sociale Kobe abbia messo tanto del suo, magari anche i suoi sbagli ed i suoi errori, in una specie di testamento di struggente umanità.
La scomparsa di Kobe e Gigi
Il 26 gennaio 2020 è una data che ha segnato la famiglia, gli amici, i collegi, i rivali ed i fan di questo grande player. Kobe e sua figlia Gigi sono stati sepolti la scorsa settimana con una cerimonia privata, tenutasi non molto distante dalla casa di famiglia, ad Orange County – Los Angeles. La cerimonia è stata riservata alla famiglia, amici ed intimi, ed è terminata con la sepoltura dei due presso il Pacific View Memorial Park di Corona del Mar. Si tratta di un cimitero vicino la chiesa solitamente frequentata dalla famiglia Bryant, ossia l’Our Lady Queen of Angels di Newport Beach. La scomparsa prematura di Kobe e della figlia 13enne ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo dello sport e non solo. Bryant è stato un grandissimo e bravissimo giocatore ma anche un uomo umile, semplice, pronto ad aiutare il prossimo, sempre vicino alla famiglia ed alle figlie, a cui ha trasmesso l’amore per la palla a spicchi.
Il Memorial in loro onore
Per non dimenticare e soprattutto per dare a tutti la possibilità di salutare Kobe e la figlia Gigi, ieri si è tenuto un Memorial in suo onore, a cui hanno partecipato la moglie ed i più grandi protagonisti del basket mondiale. L’evento, aperto anche ai fan, si è tenuto ieri sera allo Staples Center di Los Angeles, regalando ai tanti presenti dei momenti di grande emozione. Ognuno ha dedicato delle parole a Kobe Bryant ed a sua figlia, ricordando il player in maniera unica ed emozionante. Non sono mancate le lacrime sul volto della moglie Vanessa, ancora toccata e provata dall’improvvisa perdita, così come evidente è stata la commozione sul volto di un altro grande del basket, Michael Jordan e di tutti gli altri ospiti che hanno preso parte alla serata.
L’apertura con Beyoncé
L’evento si è aperto con Beyoncé, la star che ha emozionato tutti con la sua performance di XO e Halo. La cantante, con la collaborazione di un coro alle sue spalle, ha incominciato ad intonare la canzone Xo, la preferita di Kobe, invitando il pubblico a cantare con lei, in maniera da far sentire tutto il loro amore e sostegno alla stella che ormai brilla nel cielo. Le altre due protagoniste della scena musicale che hanno partecipato al memorial sono state Alicia Keys e Christina Aguilera. La prima che aveva già onorato Bryant alla cerimonia dei Grammy, si è esibita nella Sonata al chiaro di luna di Beethoven. Mentre Aguilera ha intonato con grande maestria l’Ave Maria di Schubert.
Le parole di Vanessa
Toccanti, emozionanti e semplici le parole di Vanessa, moglie di Kobe e madre della piccola Gigi. La donna ha incominciato ricordando la figlioletta: “Era una bambina sicura, ma non arrogante. Amava aiutare gli altri, spiegargli le cose… era molto simile al suo papà, a entrambi piaceva aiutare gli altri a imparare cose nuove, a migliorarsi. Erano grandi insegnanti… Mi abbracciava spesso e mi stringeva così forte, potevo sentire il suo amore”. Parole piene di amore anche per ricordare il marito, descritto come un uomo romantico, dolce, attento al prossimo, alla famiglia ed alle figlie a cui ha insegnato il valore del coraggio e come andare avanti anche nei momenti più dolorosi e tristi. La commozione non è mancata sul volto di Vanessa, che non è riuscita a trattenere le lacrime per il marito e la figlia, due anime connesse tra di loro, facili da amare, capaci di regalare emozioni e felicità, in quanto la loro positività era davvero contagiosa.
Il momento di Michael Jordan
A prendere parte al Memorial anche colui che ha fatto la storia del basket americano, Michael Jordan, che ha parlato a tutti del suo personale rapporto con Bryant. Il campione ha più volte affermato di sentirsi in qualche modo il fratello maggiore di Kobe, ed ancora: “Quando è morto Kobe è morta una parte di me”. Lo stesso Bryant è stato d’ispirazione per Jordan, ma anche un amico, un esempio di coraggio e di grinta. Nel basket non nascono solo rivalità tra i vari giocatori, ma anche ottimi rapporti umani e di amicizia, che uniscono persone accomunate dalla stessa passione.
E poi: Shaquille O’Neal
Arriva anche il turno di Shaquille O’Neal, che non ha esitato neanche un secondo a raccontare quanto fosse stato straordinario ed emozionante giocare con Bryant. Nonostante il loro rapporto non sia stato sempre facile e gestibile, l’amicizia ha comunque vinto su tutto e tutti. Lo stesso O’Neal ha paragonato la coppia che faceva con Kobe sul campo, al rapporto tra John Lennon e Paul McCartney. Ed ancora, continua O’Neal: “Ci sostenevamo a vicenda per dare il massimo, e sono fiero che nessun’altra squadra abbia ottenuto quello che abbiamo ottenuto noi nei Lakers”.
Una cerimonia davvero emozionante, commovente e toccante, che ha onorato le gesta sportive e non solo di Kobe, un giocatore, un uomo, un marito, un padre, un amico che resterà sempre vivo nei nostri cuori.
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