Il talento è generalmente definito come capacità innata e disposizione naturale.

In non poche occasioni, nelle molte ore passate in palestra, ho avuto modo di osservare il declino di “talenti” naturali che nonostante la loro predisposizione non sono riusciti a raggiungere traguardi importanti, e in molti casi hanno abbandonato lo sport.

Impegno o talento: cambiare Forma Mentis per raggiungere il successo

Di questo argomento si occupa uno stimolante libro dal titolo ”Mindset cambiare forma mentis per raggiungere il successo”.
La psicologa americana Carol Dweck, autrice del libro, si rivolge ad insegnanti genitori coaches e formatori in genere facendo propria l’idea che noi siamo ciò che diventiamo grazie a ciò che scegliamo di fare o non fare.

Si legge nella prefazione all’edizione italiana: ”Dweck sostiene che, al di là del nostro DNA e delle nostre predisposizioni individuali, uno degli aspetti meglio predittivi del nostro successo è la nostra forma mentis, perché attraverso di essa possiamo riuscire a influire in modo significativo sulle nostre capacità attuali e future. Secondo l’autrice, il modo in cui interpretiamo le sfide, i contrattempi, le critiche è una nostra scelta. Possiamo interpretarli attraverso una forma mentis “statica”, come segni della nostra inadeguatezza, innescando la necessità di difenderci da un attacco ai nostri presunti talenti “predeterminati” oppure possiamo interpretarli attraverso una forma mentis” dinamica” come sintomi del fatto che abbiamo bisogno di far fare uno stretch al nostro pensiero, di espandere le nostre capacità. Dipende da noi”.

E’ una scelta continua e quotidiana, che si concretizza in strutture di pensiero che generano “crescita”:

  • non so se saprò farlo ora, ma penso di poterlo imparare con impegno e tempo dedicato”;
  • se non mi assumo la responsabilità non posso risolvere la situazione”;
  • per quanto sia faticoso cerco comunque di ascoltare e di imparare tutto ciò che posso”;
  • se non provo questo mio rifiuto sarà di per sé un insuccesso”.

Quante volte noi coaches abbiamo avuto tra le mani atleti in formazione che ci dicevano “non mi riesce”, “non ci voglio provare”, “perché devo imparare a fare altre cose per migliorare se già così ho buoni risultati?”.

Quanti bravi giocatori definiti “talenti” si sono persi perché incapaci di modificare aspetti tecnici o mentali richiesti dall’allenatore per il suo miglioramento.

Afferma la Dweck: “Perché sprecare tempo dimostrando più e più volte quanto sei bravo, quando potresti migliorare”.

Il valore dell’impegno

Sappiamo che per emergere ci vuole fortuna, ambiente idoneo, non subire infortuni importanti, coaches che credono in te, ma è altresì vero che compito dell’istruttore è quello di evitare di rimarcare eccessivamente la talentuosità per evitare di farli crollare al primo insuccesso.

Alziamo l’asticella dei compiti, non proponiamo soluzioni semplici e sottolineiamo l’impegno e lo sforzo per riuscire. Non mettiamo in evidenza quanto riesca facile un esercizio, ma facciamo notare che forse era semplice e proponiamo nuovi obiettivi.

Mai negare un: “bravo”; “complimenti”; “sono fiero di te”, soprattutto agli atleti più giovani, ma insistere sempre sul valore dell’impegno. Varie ricerche sullo sport giovanile hanno messo in evidenza che molti atleti hanno sviluppato “una mentalità fissa” quando sono stati eccessivamente elogiati per il loro “talento” o risultati.

Scrive la Dweck: “I bambini che hanno spesso queste esperienze di elogio per il loro talento spesso si ritrovano in situazioni in cui hanno scelto opzioni più semplici e si arrendono prima dei bambini che sono stati elogiati per il loro impegno”.

Come favorire una mentalità dinamica

Noi coaches come possiamo favorire una “mentalità dinamica” nel nostro atleta?

  • Incentiviamo la curiosità.
  • Stimoliamo la creatività e la ricerca di nuove sfide.
  • Stabiliamo delle aree in cui l’atleta vuole migliorare e crescere.
  • Non demonizziamo l’errore.
  • Facciamo notare che è troppo semplice fare quello che già conosciamo.
  • Aiutiamolo a godere dei propri miglioramenti, ma ad ogni occasione proponiamo una piccola novità da affrontare.
  • Programmiamo esercizi con diverse situazioni imprevedibili a cui l’atleta deve reagire rapidamente.

Il libro tratta molto di sport e di basket in particolare citando tra gli altri Michael Jordan come esempio di forma mentis “dinamica”.

Escluso dalla prima squadra alle superiori Jordan era a pezzi….la madre gli consigliò di darsi delle regole ferree….si alzava ogni mattina alle sei per allenarsi prima di andare a scuola. All’università di North Carolina lavorò costantemente sulle sue lacune; il gioco in difesa, il palleggio e il tiro…. Perfino quando era all’apice della fama e del successo – dopo che si era trasformato in un genio dello sport – la sua tenacia nell’allenarsi rimase leggendaria“.

John Bach, assistente del coach al tempo in cui giocava nei Bulls lo ha definito “un genio che vuole continuamente migliorare la sua genialità…”.

E, sempre nel libro di Carol Dweck, troviamo le parole di Kareem Abdul Jabbar su coach Wooden, grande esempio di allenatore dalla “mentalità dinamica”, che lo ha allenato per tanti anni.

La saggezza del coach Wooden ha avuto una profonda influenza su di me come atleta, ma un’influenza ancora più grande su di me come essere umano. Lui è responsabile, in parte, della persona che sono io oggi“.

Coach John Wooden in un libro dal titolo “Il basket di John R.Wooden” uscito in Italia nel 1981 e che molto ha contribuito alla mia formazione scrive: “L’allenatore deve fare quanto è ragionevolmente possibile, e compatibilmente con il mantenimento di un buono spirito di squadra, per “salvare” un giocatore, piuttosto che prendere la via più facile e sacrificarlo per affermare una certa idea. Io credo che la forza del carattere si costruisca risolvendo i problemi per mezzo della volontà, della determinazione e di un duro lavoro.
Dobbiamo fare in modo che i nostri giocatori siano convinti che il miglior modo di migliorare la squadra è nel migliorare se stessi e, nel fare ciò, non dobbiamo perdere di vista il fatto che lo stesso principio vale anche per l’allenatore”.

Queste parole ancora oggi rivestono una grande importanza e aiutano noi allenatori a non dimenticare mai che lavorando per creare una forma mentis “dinamica” non solo miglioriamo i nostri atleti, ma creiamo uomini migliori. In relazione all’argomento trattato mi fa piacere consigliare una interessante lettura estiva:

What if. Racconti di basket e talenti perduti
Autore: Luca Roncoroni

Buone Vacanze!!

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