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“Chiamami Dottore”. Non era uno sbruffone, Julius Erving. Ma non gli piaceva neanche fare troppo il modesto: sapeva quel che faceva, e quel che faceva lui, negli anni ’70 non lo aveva mai visto nessuno. Così, quando un cronista gli chiese come auto-definirsi (il giornalista gli disse: diccelo tu, perchè noi non troviamo più aggettivi), Julius si ricordò di quel soprannome dei tempi del liceo e si fece trovare pronto: dottore può andar bene. Nasceva la leggenda del “Dottor Julius”, più avanti trasformata in “Dottor J”, più elegante.

La Storia di Julius Erving

Julius Winfield Erving II nasce il 22 febbraio 1950 a East Meadow, sulla costa orientale degli Stati Uniti, nello stato di New York. Il 1950 è l’anno in cui, nella ancora giovanissima NBA, debuttano i primi giocatori afro-americani, con la pallacanestro che in America inizia sin da subito ad essere lo sport più seguito tra grandi e piccini: il piccolo Julius non sfugge a questo fascino e pure lui inizia a giocare.

Al liceo si capisce che c’è del talento in Julius e, come detto già, in quegli anni circola il soprannome di “dottore”, aggettivo che accompagnerà poi Erving per tutta la carriera, università compresa. Nel 1971 arrivano i Virginia Squires con il primo contratto professionistico, con i quali Julius gioca due anni nella ABA (American Basketball Association), e poi altre tre stagioni con i New York Nets. Nella ABA Erving è il numero uno indiscusso, ma non solo per i numeri. Già, cos’è che rende unico l’ancor giovane Julius? Semplice, il modo di giocare. Julius fa vedere cose mai viste, giocate incredibili ed uno stile che cattura i tifosi. Per farla breve, è una sorta di rivoluzione: c’è una pallacanestro pre-Erving ed una pallacanestro post-Erving, con Julius che è precursore dello stile moderno di stare in campo.

Dottor J il primo cestista capace di volare

La ricetta del “Dottore” è semplice: eleganza ed imprevedibilità dei movimenti abbinate ad una potenza fisica fuori dal comune, senza perdere in rapidità. E poi, quel modo unico di saltare: Julius porta nel basket il gioco aerobico, la capacità di stare sospeso in aria per istanti in cui il tempo pare fermarsi, con una velocità nei movimenti e nello schiacciare in faccia agli avversari senza eguali.
Perchè Julius non salta, vola, con buona pace degli avversari che possono solo guardare ed eventualmente ammirare. La schiacciata, quella che prima era vista quasi come un atto volgare nelle poche volte che qualcuno osava farlo, diventa un marchio di fabbrica irrinunciabile, ed il pubblico applaude. Nella linea temporale del basket, l’erede di Erving sarà niente meno che Michael Jordan, un altro che di giocate favolose e numeri in volo ne sa qualcosa; proprio Jordan, dirà: “Senza Dottor J, non sarebbe mai esistito MJ“. E già questo, è un riconoscimento che vale una carriera.
Tornando alla cronaca, nel 1976 avvengono due cose: la ABA viene assorbita dalla NBA ed Erving passa ai Philadelphia 76ers. Nel nuovo campionato, Erving deve un po’ rivedere lo stile e, pur senza mai abbandonare le sue doti uniche, unisce allo spettacolo concretezza e gioco di squadra. Emblematico sarà il punto da dietro il tabellone messo a segno l’11 maggio 1980 contro i Lakers. Erving diverrà un simbolo a Philadelphia, dicendo addio nel 1987, quattro anni dopo aver vinto il suo unico titolo NBA, un anno storico dei 76ers che affiancarono a Erving l’indimenticato Moses Malone. Il ritiro per Julius arriverà dopo una grande carriera condita, oltre che dal titolo, anche da tante affermazioni individuali: un MVP in regular season, undici convocazioni all’All-Star Game e due riconoscimenti come MVP proprio all’All-Star Game. In più, una soddisfazione extra-sportiva che non si può trascurare: nella stagione 1982-83 Julius viene insignito del premio “J. Walter Kennedy”, assegnato a chi si è più distinto nel sociale. Una vittoria sul piano umano degna di nota.

Dottor J saluta il basket

Con questi numeri, Julius saluta il basket senza rimpianti per vivere una seconda parte di vita non banale spesa a fare l’imprenditore, con investimenti in uno stabilimento di Coca-Cola, in delle stazioni televisive ed in un circolo golfistico di Atlanta, il tutto per godersi i frutti di una vita non sempre dentro gli schemi: il matrimonio ultra-trentennale (1972-2003) con l’ex moglie Turquoise gli ha dato quattro figli (uno purtroppo morto nel 2000 per incidente stradale), cui si aggiunge un quinto, la tennista Alexandra Stevenson, nata nel 1980 da una relazione extra-coniugale e conosciuta solo nel 2008; tra Julius ed Alexandra i rapporti sono ottimi, così come lo sono con gli altri due figli avuti da Dorys Madden, divenuta poi sua seconda moglie. Con sette figli, chissà quanti nipotini avranno voglia di sentire le gesta eroiche del nonno.

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