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Nel fantastico mondo dei numeri. No, non siamo matematici ma la numerologia ha sempre il suo fascino, non solo in termini scientifici ma anche nello sport, ambiente in cui il numero è una corazza, un qualcosa di sacro che si inserisce tra scaramanzie, tradizioni e casualità. Come in tantissimi altri sport, anche nel basket il numero per i giocatori assume diversi significati, finendo per diventare un tutt’uno con colui che lo indossa. Eccone alcuni esempi.
Il numero 23 di Michael Jordan
Per cominciare, potremmo prendere spunto dal più grande di tutti, Michael Jordan, il quale ha reso il suo numero 23 un’istituzione, poi ripreso da tantissimi altri ragazzi, praticamente l’intera generazione cresciuta a pane e Michael Jordan.
La storia tra MJ ed il 23 è particolare, fatta da addii e ritorni. Da ragazzo, Jordan all’High school voleva il 45, che però era indossato da suo fratello Larry, per cui divise il numero a metà: dovendo scegliere se arrotondarlo per difetto (22) o per eccesso (23), scelse senza motivi particolari a noi sconosciuti il 23, e oggi possiamo dire che sia stata una scelta felice.
E’ con il 23 alle spalle che ha giocato una strepitosa carriera, ma il 45 non lo ha mai dimenticato e per questo, quando dette l’addio alla pallacanestro, nella sua breve parentesi nel baseball scelse il 45. Quando poi stanco del baseball decise di fare il figliol prodigo verso il basket, ecco ancora il 45, anche perché il 23 era stato ritirato dai suoi Chicago Bulls.
Il 45 voleva indicare, così pensiamo, una rottura con la prima parte di carriera, ma le cose non andarono inizialmente molto bene, fino a quando Jordan, fin lì lontano parente del Jordan ammirato in precedenza, scelse all’insaputa di tutti (persino dei compagni!) di presentarsi in gara-2 delle semifinali di Eastern Conference di nuovo con il 23: l’NBA si infurió ed inflisse una multa, ma a Jordan ed i Bulls interessò il giusto, visto che Michael tornò ad essere protagonista e continuerà così per sempre con il 23, anche dopo il secondo ritiro ed il terzo ritorno. Famosa la sua frase: “Il 23 è quello che sono, me lo terrò fino a quando non smetterò, perché dovrei cercare di essere qualcun altro?“.
L’ispirazione del numero 23 di MJ
Dicevamo del 23 e dell’ispirazione che ha dato a tanti altri giocatori, tra i quali Lou Williams, Anthony Davis, Ron Artest e Blake Griffin (quest’ultimo, trovatolo una volta occupato, scelse di invertire i numeri giocando con il 32) giusto per citarne alcuni, anche se l’esponente di maggior successo dei “successivi” numeri 23 è Lebron James, ormai diventato una cosa sola con il suo numero, sebbene per qualche anno a Miami abbia pure indossato il 6.
Sempre per quanto riguarda il 23, questo numero è stato sulle spalle anche di un altro grandissimo sportivo, David Beckham: l’inglese, dopo aver vestito il 7 del Manchester United, optò per il 23 nel Real Madrid (squadra nella quale il 7 spettava a Raul), numero che mantenne nelle sue stagioni in Spagna ed anche nel suo trasferimento in America nei Los Angeles Galaxy.
Impossibilitato ad utilizzare il 23 nella sua doppia parentesi italiana al Milan, Beckham scelse di rimanere fedele alle due cifre semplicemente scambiandole di posto, prendendo il 32 proprio come aveva fatto Blake Griffin. Stessa storia nella parte finale della carriera al Psg, dove David giocò con il 32. Nota curiosa: il 23 è la metà esatta del 46, numero di un altro idolo indiscusso, Valentino Rossi; quest’ultimo scelse il 46 semplicemente perché utilizzato da papà Graziano, anche lui motociclista.
L’inversione dei numeri di maglia
La storia dell’inversione dei numeri di maglia non è una cosa così rara e la si trova anche nella storia di Dirk Nowitzki. Il tedesco aveva come numero portafortuna il 14, numero col quale giocava in Germania, ma che non ha potuto prendere nel suo sbarco nei Mavericks per via di Robert Pakc, che già aveva il 14 e che volle tenerselo stretto. Dirk optò dunque per le stesse due cifre scambiandole di posto, rendendo il 41 il suo nuovo numero fortunato.
Il numero 14 trova successo anche in un altro sport, con Fernando Alonso: lo spagnolo, da quando nel 2014 la F1 è passata ai numeri a scelta libera, optò per il 14, numero con il quale aveva vinto tanto da bambino nei kart. Ad Alonso però il 14 non porterà fortuna nell’ultima parte della sua carriera, perché con il 14 sul musetto della sua vettura (Ferrari nel 2014, McLaren nelle quattro stagioni successive) non riuscirà a vincere neanche una gara.
Il numero 35 di Kevin Durant
Molto più drammatica invece la scelta del numero 35 di Kevin Durant: il suo allenatore Charles Craig, quando un Kevin ancora 17enne giocava all’Amateur Athletic Union, fu brutalmente assassinato nel 2005, all’età appunto di 35 anni. Craig per Durant era più di un semplice allenatore, era il primo estimatore e quasi un fratello maggiore, così Kevin scelse il 35, in onore dell’età in cui si era fermata la vita di una persona a lui molto cara.
Kevin ha invece optato per lo show per il numero 7, che indossa da questa stagione: il 7 luglio (quindi 7/7) alle ore 7 di sera Durant ha annunciato che avrebbe giocato con il 7 nella sua nuova avventura con i Nets.
Il numero 7 di Carmelo Anthony
Numero 7 che ci porta a parlare di un altro grande giocatore, Carmelo Anthony, che è arrivato al 7 in una maniera del tutto particolare. Carmelo a Denver aveva sempre giocato con il 15, numero che avrebbe voluto utilizzare anche nella sua esperienza a New York con i Knicks, dove però il numero era stato già ritirato in onore di Monroe e McGuire.
Carmelo lo voleva così tanto chi arrivò persino a chiedere il permesso alle famiglie dei due, ma non se ne fece nulla, così virò sul numero 7, che altro non era la sottrazione tra il 22, suo numero storico nella Oak Hill Academy da giovanotto ed il 15 usato a Denver: 22-15 = 7, la matematica non è un’opinione.
Per concludere con la storia del 7, l’esempio più noto dei nostri giorni è il 7 di Cristiano Ronaldo, divenuto ormai mitologico nella sigla “CR7”. Il portoghese, dopo aver usato il 28 da ragazzo nello Sporting Lisbona, scelse il 7 al Manchester United (ereditandolo proprio da Beckham, come scritto qualche riga sopra) ed “aspettò” il numero al Real, dove per qualche tempo giocò con il 9 in attesa che la numero 7 fosse lasciata vacante da Raul, un’istituzione tra i giocatori del Real. Il 7 Ronaldo se lo è preso anche nella sua squadra attuale, la Juventus, e lo utilizza anche nella sua nazionale, il Portogallo.
Il numero 3 di Chris Paul e Dwyane Wade
Passiamo quindi da CR7 a CP3, ovvero la storia di Chris Paul, all’interno della quale il numero assume un altro significato importante. Per Chris, il 3 è anche una seconda pelle, ma soprattutto era il numero per essere identificato in famiglia. Sì, avete capito bene: CP3 non nasce quando Chris è già un giocatore affermato in NBA, ma comincia tutto… dalla madre!
Il motivo è semplice: Chris è il secondo figlio della famiglia Paul, dove oltre a mamma Robin c’è papà Charles Edward ed il fratello maggiore Charles J. ; dunque, Chris è il terzo della famiglia le cui iniziali tra nome e cognome sono CP, e da qui l’uso del 3 accanto alle iniziali.
Numero 3 che è anche ormai sinonimo di Dwyane Wade: il numero dell’idolo di Miami è stato più volte accostato al significato che il 3 ha nel cristianesimo, dove è simbolo di trinità (padre, figlio e spirito santo) e numero perfetto. Wade nella sua esperienza a Cleveland era stato costretto a cambiare numero, dato che tra i Cavaliers la canotta 3 apparteneva a Isaiah Thomas; Wade optò per la 9, ed in assenza di certezza possiamo affermare due ipotesi: da una parte il 9 era il numero usato da Wade alle Olimpiadi 2008 e 2012, dall’altra che 3 x 3 = 9. Insistendo sul 3, questo numero è stato ritirato dai Celtics, dai Nets e dai 76ers, rispettivamente per Dennis Johnson, Drazen Petrovic ed Allen Iverson.
I numeri di Kobe Briant e Danilo Gallinari
Un altro che invece ci permetterebbe di scrivere un libro sui numeri è Kobe Bryant, il primo giocatore che ha indotto una squadra, i Los Angeles Lakers, a ritirare ben due numeri, entrambi in suo onore; l’8 ed il 24. Per quanto riguarda il numero 8, si dice che Kobe lo avesse scelto da ragazzino per emulare il grande Mike D’Antoni, ma lui stesso ha dichiarato che l’8 altro non era che la somma delle singole cifre che compongono il 143, numero da lui ricevuto in un camp al liceo; il 24 invece arriverà più avanti nella sua carriera, e rappresenterà l’idea che “in 24 ore si debbano fare più cose possibili“. Non sarà sfuggito ai più che, forse per caso o forse no, il 24 è il triplo di 8…
Comunque, l’8 ed il 24 sono entrambi numeri entrati nel cuore di Bryant: in ultima analisi, come raccontato da lui stesso, l’8 ha rappresentato l’aggressività e la voglia di emergere della prima parte della carriera, il 24 la crescita e la maturità della seconda. Per Kobe, il passaggio da un numero all’altro fu una scelta ponderata e sulla quale rifletté a lungo, e che per lui rappresentava veramente uno stacco netto tra prima e seconda parte di carriera.
Come non parlare anche del numero 8 di Danilo Gallinari, il quale viene da lui considerato come il numero del destino. Oltre al fatto di essere nato l’8 agosto del 1988 (8/8/88), questo grande giocatore veste la maglia solamente con l’8 sia in Italia che in NBA. Inoltre, solamente due giorni fa (10/11/2019) con i 21 punti ai Golden State Warriors, Danilo ha superato quota 8.888 punti in carriera.
Il numero 0
Chiudiamo con due esempi un po’ più particolari, ovvero quelli che hanno utilizzato lo…0. Partiamo da Damian Lillard, che con lo 0 ha una storia tutta sua: lo “zero” in americano si può indicare anche con “oh” (da pronunciare “ou” con la “u” chiusa), proprio come la lettera “o”: la “o” per Damian era l’iniziale della città nativa di Oakland (California), di Ogden dove ha studiato e dell’Oregon, dove gioca nei Blazers.
Di tutt’altra natura invece la scelta dello 0 da parte di Gilbert Arenas, che scegliendo lo 0 ebbe la sua rivincita: era infatti una provocazione verso un suo vecchio allenatore che quando lui era ragazzino gli disse che zero sarebbero stati i minuti da lui giocati in NBA, per cui quando Gilbert fu scelto da Golden State chiese ed ottenne lo 0, numero al quale oggi deve anche uno dei suoi soprannomi, “Agente Zero“.
Cambiando sport, lo 0 ha fatto notizia anche in Formula 1, dove Damon Hill, figlio d’arte, vi corse per due anni. La regola infatti prevedeva che il numero 1 potesse essere utilizzato solo dal campione del mondo in carica, ma nel 1992 Nigel Mansell vinse il titolo e si ritirò, così per il ’93 nessuno avrebbe potuto utilizzare l’1, ma essendo i numeri all’epoca dati a coppia squadra per squadra, la Williams, campionessa in carica sia per quanto riguarda i Piloti che per quanto riguarda il Costruttori, anziché usare l’1 ed il 2 si ritrovò a dover usare lo 0 ed il 2; Alain Prost, il nuovo pilota e prima guida della squadra (cui spettava solitamente il numero più basso) si rifiutò di usare lo 0 prendendo il 2, lasciando così lo 0 a Damon Hill, il quale lo utilizzerà anche la stagione successiva. Pure per Hill lo 0 sarà motivo di soprannome, tanto che ancora oggi l’inglese è chiamato “Capitan Zero“.
Si conclude qui il nostro viaggio all’interno del mondo dei numeri, con esempi presi non solo dal basket ma anche da altri sport, per raccontare le affascinanti storie che spesso vi sono dietro alla scelta di un numero. Tra aneddoti e suggestioni, la storia dei numeri nello sport è destinata a durare.