Mentre eravamo ancora storditi dai botti di capodanno, con la testa ancora pesante per la festa passata da poche ore e magari intenti a riorganizzare la stanza o la casa dove avevamo festeggiato la mezzanotte, arrivava una notizia, dall’altra parte del mondo, che non poteva che rattristare gli animi degli amanti della pallacanestro. Perché per tutto il mondo del basket, il nuovo anno ed il nuovo decennio si sono aperti come peggio non avrebbero dovuto, ovvero con la notizia della scomparsa di David Stern, un monumento della NBA: in poche parole, quello che ha fatto diventare la National Basketball Association quella che è oggi.

E fidatevi, senza di lui non sarebbe stato così. Se oggi la NBA è quella che è, state pur certi che per buona parte il merito è suo, di David Stern, che con un lavoro paziente, mirato e molto ben strutturato ha reso la pallacanestro americana una macchina di successo, soldi e popolarità. Ma andiamo con ordine.

Come tutto è cominciato

E’ il 22 settembre 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, quando David Joel Stern vede la luce a New York. Poco si sa sulla sua infanzia, ad eccezione del fatto che i genitori siano ebrei e che lui sia cresciuto nel New Jersey, precisamente a Teaneck. Niente di importante, comunque, da rilevare nei primi anni di vita del giovane David, fino ad arrivare alla scelta dell’università: inizialmente David sceglie Storia e si laurea a 21 anni, prendendo un’altra laurea in Giurisprudenza tre anni più tardi. Di sicuro, questo è il corso di studi che gli servirà di più, perché trova lavoro come avvocato presso la Proskauer Rose, un’importante studio legale che cura gli interessi di molte associazioni sportive americane di primissimo livello, ed è così che l’avvocato e storico Stern entra in contatto con la NBA. Una benedizione per la sua vita e la sua carriera, una benedizione ancor più grande per il mondo della palla a spicchi.

Il primo incontro con la NBA

Ora toglietevi dalla testa la NBA di oggi, perché con quella che incontra Stern non c’entra niente. E’ più povera, quello sicuro, ma è anche più rozza, meno appariscente, ha meno della metà del fascino di oggi. Il contorno, si direbbe, non è proprio quello ornato di un quadro. La popolarità non è altissima, le televisioni non se la sentono di investire troppo sul campionato, e l’immagine che ne esce non è delle migliori, perché tanti, troppi giocatori hanno problemi, risaputi, di droga.

David sa che il lavoro da fare è tanto, ma non si scoraggia: comincia in punta di piedi lavorando come legale esterno, divenendo nel ’78 responsabile dell’ufficio legale e due anni più tardi vice presidente esecutivo. David ormai è ai piani alti, le sue proposte (introduzione dei test antidroga ed inserimento del budget cup, cioè un tetto di spesa per livellare la competizione) sono dei veri colpi di genio e così il 1° febbraio 1984 è pronto a diventare “Commissioner”, ovvero presidente della lega. Succede al già validissimo Larry O’Brien, il quale aveva già impostato la strada della resurrezione per la pallacanestro americana lavorando a stretto contatto con lo stesso Stern, che proseguirà e migliorerà ancora di più una situazione che con O’Brien iniziava a vedere la luce in fondo al tunnel.

La stagione di esordio alla presidenza di Stern

I primi effetti delle nuove direttive per la NBA si vedono già nella stagione di “esordio” alla presidenza di Stern, dato che nel 1984-85 arrivano i campioni che faranno definitivamente svoltare il mondo del basket: Olajuwon, Barkley e Jordan, giusto per dirne alcuni, sono contorni prelibati di un piatto che si sta arricchendo. In particolare, MJ è una vera e propria benedizione: il suo modo di giocare fa breccia in ogni angolo del mondo, la Nike bussa alla porta offrendo una valigetta piena di soldi ed a ruota arrivano tante altre sponsorizzazioni, tutte ricche, con Stern che nel frattempo utilizza al meglio il materiale a disposizione per iniziare a vendere a somme sempre più cospicue i diritti televisivi.

Basti pensare a questo: nel 1983 le Finals non andarono neanche in diretta televisiva, mentre oggi la NBA ha una copertura televisiva di 215 nazioni per 43 lingue diverse. La ciliegina sulla torta, in una crescita costante anno dopo anno, sono le Olimpiadi del 1992: a Barcellona gli USA si presentano finalmente con la miglior squadra possibile senza portare ragazzi universitari e la medaglia d’oro è una formalità per quello che passerà alla storia come il “Dream Team”, la squadra dei sogni. E’ l’ultimo tassello per la consacrazione definitiva.

La consacrazione definitiva

Il piano di sviluppo della lega passerà anche dallo spostamento di sei franchigie, dalla nascita di sette squadre nuove e dalla creazione della WNBA, il campionato professionistico per le donne, oltre che ad una serie di decisioni volte a favorire un’immagine sempre più forte e brandizzata della “famiglia” della NBA, come ad esempio il codice di abbigliamento. Come per tutti gli uomini di polso, non mancheranno le critiche (quelle su alcuni Draft oppure sugli spostamenti delle franchigie) e gli scontri, in particolare con i giocatori, che per strappare condizioni migliori arriveranno a ben quattro “lockouts”, cioè scioperi, nell’intero mandato di Stern. Mandato che durerà 30 anni esatti, fino al 1° febbraio 2014, quando David saluta per far posto ad Adam Silver.

Poco meno di 6 anni di pensione dorata fino al dicembre 2019, quando viene colpito da un’emorragia celebrare che se lo porterà via esattamente il 1° gennaio 2020, ponendo fine alla vita di uno dei dirigenti sportivi più importanti di sempre.

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