Ti chiedono di raccontare Carlton Myers e tu vai un po’ in crisi perchè non sai da dove cominciare, con uno così. Ti adoperi per farlo nella maniera migliore possibile, ma se pensi davvero di farlo bene sei solo un presuntuoso, perchè di Carlton Myers puoi scrivere fiumi d’inchiostro (o battere la testiera fino a sentire indolenziti i polpastrelli) ed alla fine ti ritroverai sempre con la sensazione di non aver fatto abbastanza, di non aver reso la giusta grandezza ad uno così.

Così inizia la storia di Carlton Myers

Mica facile far collimare le tante sfaccettature, le tante piccole storie che messe insieme compongono la grande storia di Carlton Myers. Non sai se partire dal record di punti segnati in una partita nel campionato italiano, dall’oro agli europei, dalla sfilata come portabandiera alle Olimpiadi oppure dall’applauso che i tifosi della Virtus tributarono a lui, avversario numero uno, o ancora dalla sfera umana, dalla sua fede, dal suo carisma, mettendoci pure la sua notorietà televisiva, tra conduzioni di programmi e pubblicità per panettoni, per arrivare alla carriera da musicista mollata.

Nel dubbio, partiamo dall’inizio, che non si sbaglia mai: Carlton Ettore Francesco Myers nasce a Londra, il 30 marzo 1971, da padre caraibico e madre italiana. Le prime passioni, sono il flauto traverso (il padre è un musicista) e lo sport, sotto tante forme: basket, ma anche karate, calcio e cricket. Il piccolo Carlton ancora non sa, e forse non lo ha nemmeno ancora capito, che diventerà uno dei più forti giocatori italiani di pallacanestro di sempre.

Non lo sa neanche lui quando a nove anni torna a Rimini con la mamma, nella città che darà la svolta alla sua vita. E’ qui che si focalizza sulla palla a spicchi, grazie anche al “professor” Gianluigi Rinaldi, che accoglie quel bambino di colore su richiesta della madre. Nelle giovanili del Rimini Carlton cresce divertendosi, eppure non si nota troppo. Questo è quel che pensa anche Rinaldi, uno che poche volte sbaglia (“Non era dominante, un po’ più bravo di tanti altri ma non un fenomeno”, ha raccontato una volta), ma per fortuna di Carlton, stavolta si sbaglia, e alla grande.

Rinaldi: …”puoi diventare un grande giocatore”

E’ lo stesso Rinaldi a rendersene conto, visto che quando il ragazzo nato a Londra ha 15 anni, ha già capito tutto, lo prende da parte e gli dice:”Ragazzo, hai dei mezzi eccezionali, puoi diventare un grande giocatore“. Due anni più tardi infatti Myers debutta in A2 con i colori biancorossi, con i quali giocherà per quattro stagioni regalando alla squadra la serie A1 al termine della stagione 1991-92.

L’A1 è il regalo d’addio di Carlton, che in quel momento è l’astro nascente della nostra pallacanestro: le sue prestazioni se le aggiudica Pesaro, con la formula della comproprietà biennale. Con Pesaro Carlton spera di spiccare il volo, ma le cose non vanno esattamente come sperato: al secondo tentativo la squadra perde la finale scudetto, Myers gioca alla grande ma non viene riscattato, e scocca dunque l’ora del ritorno da figliol prodigo a Rimini, di nuovo in A2.

1995, l’anno in cui Myers fa la storia

L’annata a Rimini sarà positiva, con Myers e compagni che chiudono in testa la regular season ma non centrano la promozione. E’ proprio durante questo campionato, esattamente il 26 gennaio 1995, che Carlton fa la storia: nel match contro Udine mette dentro ben 87 punti, nuovo record di sempre. Nonostante questo per lui è giunta l’ora di salutare di nuovo Rimini, e stavolta le cose andranno meglio.

Lo prende infatti la Fortitudo Bologna, con la quale Carlton vive delle stagioni da urlo, seppur affrontando svariate difficoltà. Le prestazioni, sue e della squadra, sono grandiose, il pubblico lo ama ma nei primi tre anni a Bologna va incontro a tre finali scudetto perse, cui si aggiunge un’eliminazione in semifinale al quarto tentativo.

Sembra in incubo e non bastano la Coppa Italia e la Supercoppa del ’98 per alleviare le delusioni, sebbene anche con la Nazionale le cose vadano a meraviglia: dopo aver vinto i Giochi del Mediterraneo nel 1993, sono arrivati un argento (Francia 1997) ed un oro agli Europei (Spagna 1999). Carlton però vuole uno scudetto, che arriva nella stagione 1999-2000 con Carlo Recalcati alla guida della Fortitudo: è un trionfo voluto e tremendamente aspettato, che concretizza il sogno di tifosi e giocatori, visto che per la Fortitudo è il primo tricolore di sempre. Lo è pure per Myers, che nel frattempo nella sfera privata si avvicina alla fede, una conversione che lo rende ancora più forte, come racconterà in seguito, anche se la conversione definitiva al cristianesimo evangelico arriverà solo nel 2003. Il 2000 è anche l’anno che lo vede portabandiera alle Olimpiadi di Sydney, primo atleta italiano di colore a farlo. Un’emozione indimenticabile.

L’ultimo anno con la Fortitudo di Myers

L’annata successiva è anche l’ultima con la Fortitudo per Myers, che si congederà nella finale scudetto persa nel sentitissimo derby di Bologna tra Fortitudo e Virtus: la grandezza di Carlton è suggellata dal lungo applauso che i tifosi avversari gli tributano in gara-3 dopo il quinto fallo, una standing ovation che va oltre titoli, record ed affermazioni. Il tributo della gente di Bologna è da brivido, ma ad attenderlo c’è la Virtus Roma (in realtá inizialmente Myers si accorda con la Viola Reggio Calabria, ma l’addio del presidente lo fa tornare sui suoi passi). Purtroppo, nella capitale non aggiungerà trofei alla sua collezione. Nel 2004 ecco dunque la firma con Siena (dove ritrova Recalcati e con cui festeggia la Supercoppa di quell’anno), che però saluta nel marzo successivo per vivere gli ultimi mesi della stagione al Valladolid, in Spagna.

La coraggiosa scelta

Così, a 34 anni, Carlton si guarda allo specchio e fa una scelta coraggiosa, squisitamente umana: firma di nuovo con Pesaro, che nel frattempo è fallita, decidendo di ripartire dalla Serie B. E’ una scelta che non tutti avrebbero fatto, ma le cose semplici non fanno per Carlton, che torna protagonista aiutando Pesaro (società di cui diventa azionista con il 5%) ad ottenere due promozioni consecutive fino al grandioso ritorno in A1.

L’italo-caraibico saluterà al termine della stagione 2008-09, in tempo per festeggiare il traguardo degli 11.000 punti in A, prima di vivere un altro ritorno, quello a Rimini, dove incontra l’affetto di sempre: è quella la famiglia che Carlton ha scelto per vivere la sua ultima stagione da professionista, con un’annata senza pretese nell’allora Legadue. E così arriva il giorno che nessun appassionato di basket avrebbe voluto vivere: siamo a San Patrignano (comunità insieme alla quale Carlton aiuta le persone contro la tossicodipendenza) , il 30 marzo 2011, ed in occasione dei suoi 40 anni Carlton annuncia il ritiro.

Tornerà su un campo solo con i colori del San Patrignano, per divertimento, nella sesta serie nazionale, giocando con il figlio Joel. Lui, suo figlio, una palla da basket ed un canestro: sembra difficile immaginare qualcuno più felice di lui in quel momento, con la passione di una vita e la spensieratezza di un ragazzino.

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