Talvolta la vita è davvero sorprendente e regala coincidenze che hanno quasi del soprannaturale; il 25 gennaio 1987, 48 anni fa esatti, la sfida tra Reyer Venezia e Virtus Bologna è passata alla storia per la prestazione da extraterrestre di Drazen, per tutti “Praja” Dalipagic: l’ala di Mostar infatti rifilò ai malcapitati felsinei la bellezza di 70 punti con numeri da fantascienza: 4/4 da sotto, 14/19 da fuori e 5/9 nelle triple e, così tanto per gradire, 19/19 ai liberi.
Alla guida delle “V Nere” c’era un guru della nostra pallacanestro, Sandro Gamba che commentò così la partita di “Praja”: “Avrebbe segnato anche tirando con i piedi”.
Quella di Drazen fu una partita talmente sopra le righe che, ad imperitura memoria, a ricordarla c’è una targa affissa sul mitico “Arsenale” di Venezia, il palasport dove si svolse quel confronto indimenticabile.
Quella sublime prestazione, si badi bene, non fu un diamante isolato, ma la gemma più scintillante di una collana infinita, fatta di diverse “cinquantelli”, in una stagione chiusa, da Drazen Dalipagic, a 36.5 di media, in un periodo storico nel quale ancora non si abusava del tiro da tre punti.
Tornando alla coincidenza quasi soprannaturale, proprio oggi, 48 anni dopo quella perla gigantesca, Drazen Dalipagic si è dovuto arrendere all’unico difensore che nella sua carriera non è riuscito a battere, una malattia che lo ha portato alla morte. Un decesso che ha regalato un velo di tristezza a chi è ormai negli anta e che il talento di Mostar lo ha visto giocare, dal vivo o in tv.
Perché Praja, così soprannominato in onore di Prajo, difensore centrale del Velez Mostar, è stato una leggenda del basket europeo degli anni ’70 e ’80, uno che, se fosse nato qualche decennio più tardi, sarebbe sicuramente diventato una star della mitica NBA. Già, perché Dalipagic era un giocatore sopraffino dotato di un tiro mortifero, reso tale dalla stupenda meccanica di tiro, dalla tecnica sopraffina e da una elevazione formidabile, qualità che lo rendevano praticamente immarcabile.
Di fatto, quando si alzava in sospensione, una sentenza, immarcabile anche per il più rognoso dei difensori. Tanto per capire il suo feeling con la retina avversaria, nel 1982/83, al Partizan, conquistò il titolo di top scorer del torneo all’assurda media di 42,9 punti a partita, e senza il tiro da tre punti (!!!!) che verrà introdotto soltanto l’anno successivo.
Nella sua carriera c’è anche l’Italia, tanta Italia; nel Bel Paese vinse per tre volte la classifica marcatori della Serie A, sempre ad oltre 30 punti di media a serata: 30,8 con l’Australian Udine nel 1984/85, 36,5 e 36,3 le due annate successive con Venezia, sponsorizzata Giomo prima ed Hitachi poi.
Insomma, un’autentica icona del basket europeo, che nella sua carriera ha vinto tanto anche con la canotta della sua nazionale, condotta al successo al Mondiali 1978, svoltosi nelle Filippine, manifestazione della quale fu nominato MVP, e, soprattutto, all’oro nelle Olimpiadi di Mosca del 1980, quelle caratterizzate dal boicottaggio del Stati Uniti, nei quali la formazione jugoslava sconfisse proprio la nazionale azzurra. Oltre a queste due gemme, le più scintillanti di una carriera infinita ed indimenticabile, tre vittorie consecutive nei campionati europei e, a livello di club, due titoli e due Coppe Korac , tutti conquistati con il Partizan Belgrado.
Oggi il mitico “Praja” è salito al cielo, dove continuerà a crivellare le retine avversarie, magari nel campionato dagli angeli, magari in coppia con un altro mito del basket europeo, quel Drazen Petrovic con il quale, lassù in cielo, andrà a comporre un duo guardia-ala piccola mai visto così forte nel globo terracqueo.