Avendo trascorso, e trascorrendo tuttora, gran parte del mio tempo a contatto con allenatori giovani e meno giovani mi piace dividere la categoria in due grandi tipologie : “allenatori chiusi” e “allenatori aperti”.

Allenatori chiusi e Allenatori aperti

Gli allenatori chiusi sono quelli che, convinti delle loro idee e della loro formazione, rimangono fermi sui vari aspetti gestionali del loro team.

Gli allenatori aperti hanno certamente le loro convinzioni, ma sono disposti ad aprire delle nuove finestre, salvo richiuderle se non interessati.

Rispetto ambedue le categorie e, con entrambe, mi confronto ma certamente il mio lavoro diventa più impegnativo con gli allenatori che mi dicono ”ho sempre fatto così” e magari non sempre ci sono stati risultati! E badate bene, per risultati non intendo solo vittorie e sconfitte ma, specialmente a livello giovanile, intendo miglioramenti individuali, di squadra e soprattutto di quanti ragazzi continuano l’attività!

Il “drop-out” sportivo (il significato letterale del termine è abbandonare) ha molte cause e, una di queste, è talvolta la difficoltà del ragazzo ad interagire con il proprio allenatore magari poco attento al rapporto interpersonale e spesso troppo esigente.

Non prendo le difese di nessuno a priori, ma mi interrogo se davvero è stato fatto di tutto per non far smettere Pippo e, soprattutto, se l’allenatore si è interrogato sul suo modo di pensare e agire. Ecco “l’allenatore chiuso”! Fermo sul suo pensare, sulla sua idea di rapporto con i giocatori, sulla gestione dello spogliatoio, sulla gara! Ed è su queste idee precostituite che nascono delle convinzioni limitanti che spesso sono disfunzionali.

Se, attraverso un percorso di coaching, l’allenatore riesce a mettere a fuoco le proprie convinzioni limitanti, spesso si possono ottenere risultati importanti perché non esistono convinzioni buone o cattive, ma convinzioni utili o inutili. Se sono convinto che sia giusto che la mia squadra debba sempre allenarsi al massimo, ma dopo un mese vi è nel team una profonda situazione di stanchezza e stress, la mia convinzione non mi è più utile ed è funzionale mettersi in gioco e cambiare le carte in tavola.

E quando proviamo a cambiare mettiamo in gioco anche noi stessi, le nostre convinzioni, proviamo a pensare con maggiore creatività, cerchiamo soluzioni alternative. Apriamo finestre! Ma facciamo un esempio concreto un possibile intervento di coaching su una specifica criticità.

Un allenatore mi chiede cosa può fare per migliorare il suo rapporto con l’arbitro che spesso lo porta ad avere atteggiamenti violenti e provocatori. Questo è il suo obiettivo. Quali sono le sue CONVINZIONI LIMITANTI?

Provo a cercarne qualcuna:

  • Considera la gara una sfida personale con l’arbitro
  • Si sente vittima
  • Ha scarsa considerazione della classe arbitrale
  • Ritiene la sua squadra continuamente penalizzata

Quali sono gli EFFETTI di questa situazione?

  • Trascura l’aspetto tecnico/tattico della gara
  • Fornisce un cattivo esempio per i ragazzi
  • Crea alibi

Quali possono essere CONVINZIONI POTENZIANTI?

  • Prendere consapevolezza che senza l’arbitro non si può giocare
  • Essere consapevole che un atteggiamento del genere deconcentra i giocatori, li autorizza a comportarsi scorrettamente, ma soprattutto toglie concentrazione sull’andamento della gara a lui stesso
  • Deresponsabilizza la squadra dalle proprie responsabilità tecnico –tattiche
  • Un atteggiamento di palese insofferenza nei confronti dell’arbitro può generare comportamenti violenti nel pubblico.

Partendo da questa base inizia il lavoro di coaching, un lavoro incentrato sulla scoperta e valorizzazione delle potenzialità personali attraverso la definizione di un obiettivo ben preciso che l’allenatore mette a fuoco insieme al “coach” e che realizza attraverso soluzioni e strategie che emergono dall’allenatore stesso. A questo punto la parola scritta perde il suo valore perché nel rapporto di coaching entrano in gioco aspetti strettamente personali tra coach e…coach! La stretta di mano fra le   due persone, il non verbale, una prima conoscenza, il progressivo mettersi in gioco,le aspettative e molto altro.

Ma se l’allenatore ha scelto questo percorso vuol dire che ha già deciso di provare ad aprire nuove finestre che spesso si rivelano determinanti per la crescita personale che, come sempre dico, è insieme sportiva e umana!

“UN UOMO CHE HA UNA IDEA NUOVA E’ UNO SVITATO FINCHE’ QUELL’IDEA NON HA SUCCESSO”

Mark Twain

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