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Mike D’Antoni difende palla, poi trova uno spiraglio, scarica su Roberto Premier e quest’ultimo azzarda una tripla, un canestro che se fosse entrato avrebbe messo definitivamente la parola fine sulla finale scudetto tra Philips Milano ed Enichem Livorno. Solo che quel canestro non entra, e quando la palla capita in mano ad Alexis mancano 6 secondi alla fine della partita, gli ultimi di un campionato interminabile. Avrebbero dovuto essere 6 secondi, sono diventati 30 anni: quella che comincia col rimbalzo di Alexis ed il canestro-non canestro di Andrea Forti è l’azione più lunga della storia del basket.
27 maggio 1989, una data che non si può dimenticare
E’ il 27 maggio 1989, la data di una sfida sulla quale si potrebbe scrivere un libro. Perché gara-5 della finale scudetto tra Philips ed Enichem, per certi versi, la si gioca ancora oggi, sforzandosi di capire se quella maledetta sirena (perché maledetta deve esserla stata davvero, se dopo tre decenni siamo ancora qui a parlarne) sia suonata un attimo prima o un attimo dopo che Andrea Forti avesse lasciato andare la palla dalla sue mani. Una finale da trama cinematografica, da thriller d’eccezione, una finale tanto discussa da riscrivere le regole della pallacanestro.
Prima di andare al sodo, due doverose parole su come si era arrivati a quella situazione, ad un 2-2 nella serie ed un 86-85 a favore di Milano a sei secondi dalla fine di gara-5. La stagione 1988-89 la si ricorda per quella finale rocambolesca, con Milano e Livorno, realtà che più distanti non si può, a giocarsi uno scudetto dopo un campionato estenuante sin dall’inizio.
La grande Philips, una squadra capace di raggiungere otto finali consecutive in Italia, dà la sensazione di essere un vecchio leone al tramonto del suo splendore. Sensazione enfatizzata da un mediocre (per le potenzialità della squadra) 5° posto in regular season, mentre l’Enichem Livorno dopo una grande crescita è stata in grado di metter su una grande formazione e di candidarsi per la vittoria finale con la seconda piazza dietro alla Scavolini Pesaro.
Milano per andare ai quarti deve prima sbarazzarsi di Desio, quindi piega la Benetton Treviso mentre Livorno spazza via l’Arimo Bologna. In semifinale i labronici conquistano anche l’altra metà di Bologna, la Knorr, mentre Milano passa a fatica con Pesaro, chiudendo la serie sul 2-0 in gara-2 dopo aver vinto a tavolino per 0-2 la prima sfida in seguito ad una monetina andata a finire sulla testa di Meneghin.
Le polemiche si sprecano, qualcuno si lascia prendere dall’aria di complotto, ma la realtà va avanti senza interruzioni: Milano in finale, dove affronterà Livorno. Tra la compagine livornese e quella milanese lo spettacolo è quello che merita una finale scudetto che, già dopo gara-4 (primo match vinto dall’Enichem, ribaltone di Milano e poi nuova vittoria labronica nella quarta sfida) è nella storia: mai si era dovuti arrivare fino a gara-5 per assegnare il tricolore. Dunque, il 27 maggio 1989 va in scena la resa dei conti.
La resa dei conti
In Via Allende ci sono cinquemila tifosi a spingere l’Enichem, che mette in campo l’entusiasmo di chi non ha mai vinto contro la sicurezza di chi, invece, a vincere è abituato alla grande, come gli uomini della Philips.
La lotta sul parquet è feroce, in una giornata calda fuori dal palazzetto ma soprattutto dentro, fino all’ultimo quarto, quando con il passare dei minuti si capisce che ogni punto sarà importante, e che la parola fine arriverà solamente nelle ultimissime battute. Il caldo divampa davvero negli ultimi 36 secondi, quando Alexis infila una tripla e riporta a -1 la sua Livorno, 85-86.
E’ il momento di tirare fuori l’esperienza ed uno come D’Antoni certe cose le capisce. Dunque “congela” il pallone, aspetta, lascia scorrere inesorabilmente il cronometro, ogni secondo, lui lo sa, è importante. Fino a quando riesce a liberarsi ed a scaricare a Premier, il cui tiro però, come detto in apertura, non entra. Alexis non aspetta, recupera palla ed apre subito per Fantozzi, palleggio e lancio per Forti che mette dentro: il canestro, la sirena e l’urlo del palazzetto vanno all’unisono, la differenza temporale tra una cosa e l’altra è praticamente impercettibile all’orecchio umano.
Enichem-Philips: la situazione è fuori controllo
Quella che dovrebbe essere una festa, si trasforma nel caos più assoluto; il pubblico invade il campo convinto che il tricolore sia dell’Enichem e, mentre ci vorrebbe la calma più assoluta per capire se il canestro sia regolare o no, sul parquet succede di tutto: i giocatori fuggono, i dirigenti non sanno che fare, partono addirittura pugni e risse con i giocatori di Milano; tra questi Roberto Premier, colpito alla nuca e resosi protagonista di una scazzottata vecchia maniera prima di essere portato negli spogliatoi.
Situazione fuori controllo, con i giocatori di Milano storditi e quelli di Livorno che tra campo e spogliatoi sono convinti di aver vinto, soprattutto dopo la comparsa (per mano di chi?) sul tabellone di un 87-86 a favore dell’Enichem. Seguiranno i festeggiamenti dell’Enichem, addirittura il Tg delle 20 (la partita era iniziata alle 18) parlerà di Livorno campione italiana di basket, prima che venga fatto ordine e che venga diffusa con chiarezza la notizia che i veri campioni sono quelli della Philips.
Perché tanta confusione? L’arbitro sotto canestro, Grotti, ha assegnato i due punti all’Enichem più fallo, mentre l’altro arbitro, Zeppilli, non è della stessa opinione, come spiegherà lui stesso: “Appena terminata la partita ho segnalato che il canestro non era valido, fui provvidenzialmente scortato negli spogliatoi da due addetti alla sicurezza. Dopo un po’ arrivarono gli ufficiali di campo, che non hanno mai aggiunto né a referto né a tabellone i due punti, e dopo un altro po’ Grotti, che non aveva la minima idea di cosa fosse successo. Gli raccontai io che il canestro non era valido e che il fallo era arrivato dopo la sirena. Quando mi chiese se fossi sicuro di quanto dicevo, gli dissi che avrei potuto giurarlo sulla tomba di mio padre“.
Zeppilli ritratterà leggermente le sue parole qualche tempo dopo, “Lo scudetto della Philips è legittimo, non lo giuro come allora feci, ma ne sono convinto, la ricerca sui fatti storici mi affascina, pur comprendendo che la verità assoluta è irraggiungibile per definizione” ,rimanendo però dell’opinione di quel giorno.
Enichem-Philips: i dubbi restano ancora
Trent’anni dopo, dando per certa la buona fede di Zeppilli (all’epoca le polemiche furono numerose, specie perché già ve ne erano state molte in seguito alla semifinale tra Pesaro e Milano), i dubbi restano. Perché è vero che al momento in cui Forti lascia la palla, il tabellone indica “00:00” , ma quel cronometro indica solo minuti e secondi, senza tenere in conto i decimi di secondo.
Sarebbero nove, per l’esattezza, quelli che nessuno in pratica sarà mai in grado di verificare perché, pur prendendo i filmati dell’epoca (dove appunto si tiene in conto solo i secondi e non i decimi di secondo), fare una sincronizzazione di quel cronometro con uno moderno risulta impossibile, ci sarebbe sempre un piccolo margine d’errore che non darebbe comunque la certezza assoluta.
Da allora, nella pallacanestro si conteranno anche i decimi di secondo. La totale sicurezza sulla regolarità di quel canestro non c’è. C’é però un’altra certezza: esiste una pallacanestro “avanti” “Enichem-Philips” ed una “dopo” , con la consapevolezza che quella partita fu uno spartiacque senza ritorno.
[…] della fatidica finale scudetto del 1989 contro la Philips Milano, grande gloria del basket italiano e livornese, sarà lui a […]