Volevo Essere Robin”, il libro di Giampaolo “Pippo” Ricci, l’ala grande dell’Olimpia Milano, non è soltanto una autobiografia, ma qualcosa di più, molto di più, delle classiche cento, centocinquanta paginette autocelebrative che, alla fine, lasciano il tempo che trovano.

Le 240 di cui si compone l’opera, invece, sono una sorta di lectio vitae, nelle quale il protagonista, nello specifico l’ala dell’Olimpia, si mette a nudo, parlando non solo del suo percorso cestistico, ma anche, se non soprattutto, delle difficoltà che in questo percorso lo hanno accompagnato e che è stato bravo a superare, sempre nell’ottica di quel “non accontentarsi mai” che è un po’ la stella cometa del suo percorso, e conseguentemente del libro.

Del resto, stiamo parlando di un atleta sì affermato ma che, ancora imberbe adolescente, è un ragazzino che, complice il suo peso, si sente diverso, e peggiore degli altri; diventa allora un facile bersaglio, vede azzerarsi l’autostima e contestualmente la bilancia diventa sempre più “cattiva”.

Ecco, allora, i disturbi alimentari, fatti di pasti saltati, sempre senza chiedere aiuto, perché lui, novello Robin, non vuol creare problemi e non vuol far conoscere le sue fragilità. Che ci sono, e lo fanno stare male. L’unico posto in cui si ritrova è in palestra, con una palla arancione in mano. Non ha un talento innato, “Pippo” ma con il grande lavoro, fino allo sfinimento, in palestra riesce a fare della pallacanestro la sua vita.

Lo fa dopo le prime esperienze con la Stella Azzurra Roma, una delle società più blasonate a livello giovanile nel panorama cestistico italiano, lo fa anche nelle esperienze successive. Lo fa con una grande abnegazione e con in mente il mantra “trust in process”, credi in ciò che fai, non smettere di lottare per i tuoi obiettivi e se non li raggiungi, riprovaci. Nello specifico, se sbagli, torna a lavorare in palestra come e più di prima.

Una splendida lezione di vita, che diventa ancor più tale nel mondo di oggi, nel quale i giovani, spesso viziati ed all’eccesso tutelati, spesso e volentieri si arrendono di fronte alle prime difficoltà, grandi o piccole che siano.

Ecco, se Pippo si fosse arreso, non saremmo qua a scrivere la recensione del suo splendido libro, che, proprio per il messaggio super positivo che invia, andrebbe fatto leggere a tutti i giovani, a maggior ragione a quelli che hanno nel DNA la passione per la palla a spicchi.

Proprio partendo da questa voglia di migliorare sempre, di non sentirsi mai arrivato e tantomeno appagato, Ricci ci racconta il suo entusiasmante tragitto che lo ha portato dalla Divisione Nazionale A e B di Casalpusterlengo, una sorta di B Interregionale di adesso, ai lustrini e paillettes della Virtus Bologna e dell’Eurolega, tra le file dell’Olimpia Milano.

In mezzo le tappe di Verona, Derthona e Cremona, tutte raccontate per come sono state, con grandi successi intervallati da delusioni e momenti neri, dai quali però Pippo ha sempre saputo ripartire scalando, passo dopo passo, canestro dopo canestro, rimbalzo dopo rimbalzo, la piramide del nostro basket.

Insomma, un percorso sportivo ed umano straordinario che esula dal parquet e, con la fondazione Amani Education lo ha portato fino in Tanzania, al fianco dei più bisognosi. Per concludere, 240 pagine di canestri, di trionfi, di braccia al cielo, ma anche di momenti duri e faticosi, nei quali il successo sembrava essere una pia illusione, da leggere senza se e senza ma.

Photocredits: Savino Paolella

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