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Frank Martin, 52 anni, per 5 anni head coach a Kansas State University, ed attualmente head coach di South Carolina durante una conferenza stampa, ha parlato di cultura sportiva e di rispetto dei ruoli riferendosi a ragazzi, genitori, arbitri ed allenatori.
Il ruolo di allenatore
Spesso, chi fa sport, dimentica che il ruolo di allenatore comporta responsabilità molto grandi che vanno al di là delle mere competenze tecnico-tattiche. Parliamo del concetto di rispetto verso gli altri, rispetto verso chi ti sta davanti.
Sentiamo cosa ha detto nell’ultima conferenza stampa d’oltreoceano: “Sono forse il coach più scatenato che possiate vedere su una panchina, ma quando vado a vedere i miei figli giocare non mi sentirete mai fare “buuuu”, o agitare le braccia. Mi siedo sugli spalti e non dico niente. Con tutto il rispetto per i genitori, conosco il basket molto meglio della maggior parte di loro“.
Il rispetto dei ruoli
Il rispetto dei ruoli all’interno di una struttura sportiva: sia nei confronti di chi ha un pallone in mano (giocatore) o di chi cerca più o meno bene, di vigilare sulla correttezza in campo. Questo il pensiero di Martin sugli arbitri nel basket dilettantistico: “Ci sono due ragazzi che arbitrano la domenica mattina partite di bambini di quarta elementare. Quanto potranno guadagnare? 20 dollari? Invece di andare in Chiesa aiutano le loro famiglie a pagare qualche bolletta. Pensate davvero che a quei ragazzi interessi davvero chi vinca la partita fra le due squadre? O che vogliano mettere in imbarazzo uno di quei bambini o ravvivare la partita con le loro scelte?“.
Parliamo dei genitori
Capitolo genitori:difendere a spada tratta i propri figli crea, a lungo andare, più danni che benefici. Ad ogni partita e su ogni campo c’è un genitore che difende il suo piccolo “fenomeno”, sfogando spesso un’irragionevole e villana frustrazione sulle figure di arbitri o allenatori, sempre colpevoli a loro modo. Sentiamo coach Martin a proposito: “Quando i miei figli vengono a lamentarsi da me per come hanno giocato io gli dico di andare dal loro coach. Non parlo con loro di coaching. Se c’è qualcuno che gli manca di rispetto io ci sarò, se capiteranno in situazioni difficili nella loro vita e le affronteranno io li aiuterò a rialzarsi. Perché sono loro padre, ma non il loro coach”.
Una lezione di vita sportiva e non, da leggere e condividere attentamente ricordandosi che lo sport è vita, è competizione, ma soprattutto ci aiuta a crescere e formarci come uomini attraverso la disciplina, l’educazione ed il rispetto per chi ci sta di fronte
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