Ce ne fossero, di storie come quella di Elena Delle Donne. Storie che possono riempire pagine di giornali o di siti web senza mai stancare, perché riescono ad appassionarti, senza mai essere banali, perché sono originali ed hanno la stupenda caratteristica di essere vere.

Elena Delle Donne: l’atleta e la donna

Che Elena Delle Donne sia una delle più grandi giocatrici di pallacanestro di sempre è un dato di fatto, che abbia avuto una vita tutt’altro che facile è forse sconosciuto ai più. Probabilmente, di Elena potremmo raccontare anche se non avesse mai preso in mano una palla da basket. Perché in lei (e presto scoprirete il perché) la narrazione dell’atleta e della donna potrebbero pure vivere di vita propria, ma il tutto diventa ancora più bello proprio perché le due cose vanno a toccarsi in punti sottili ma fondamentali del racconto, per una sceneggiatura che meriterebbe la standing ovation alla prima proiezione, e forse pure alla seconda.

In più, aggiungiamoci che Elena è uno di quegli sportivi con cui nessun giornalista e nessun tifoso si annoierebbe: dice quello che pensa, racconta il suo mondo interiore, come quando ha dichiarato al mondo di soffrire della malattia di Lyme (malattia infettiva di origine batterica che, nel migliore dei casi, resta solo a livello cutaneo, nel peggiore attacca pure organi, articolazioni e sistema nervoso) oppure di essere omosessuale.

Le sue origini italiane

Avrete già capito dal cognome che, nel DNA, Elena ha tracce italiane, col bisnonno nativo di Olevano Romano, la bisnonna abruzzese e padre totalmente italiano che la rendono per metà una nostra giocatrice. L’altra metà però parla americano, così come il passaporto: Elena nasce infatti il 5 settembre 1989 a Wilmington, nello stato di Delaware.

La famiglia comprende anche un fratello ed una sorella, ed è quest’ultima, Lizzie, che ci regala un primo drammatico snodo narrativo. Lizzie infatti è cieca e sorda, il che la rende totalmente incapace di comunicare col linguaggio, e soffre anche di autismo e di una paralisi cerebrale. Non è difficile capire il dramma che la famiglia Delle Donne vive, con una figlia sotto certi aspetti simile ad un vegetale. Elena però riesce a creare un’intesa tutta sua con la sorella, con la quale la comunicazione non va oltre semplici, ma importantissimi, gesti: Lizzie tutto ciò che può trasmettere lo fa con un gesto, con il contatto fisico, e da ciò Elena capisce l’esigenza o la richiesta della sorella.

Una scelta difficile

Fino ai 13 anni funziona così, fino a quando Elena, che nel frattempo si “sfoga” con il basket, non viene chiamata nel North Carolina, che le offre una borsa di studio universitaria già a quell’età; Elena declina l’offerta perchè preferisce accasarsi nel miglior college di basket femminile del paese, quello di UCoon. L’esperienza dura appena tre giorni, perchè Elena non è ancora grande abbastanza per staccarsi dalla famiglia e dalla sorella, così sceglie di tornare e di fare una scelta ancor più drastica: basta con la pallacanestro. Sempre un pallone rimane il suo miglior amico, ma quello della pallavolo.

Il destino ha però deciso diversamente, ed all’inizio neanche Elena se ne rende conto. Dopo qualche tempo si ritrova per caso di fronte ad un canestro, con un pallone da basket in mano. E lì la ragazza si trova di fronte ad un bivio esistenziale, perchè la sensazione che sia “adesso o mai più” è forte. Tremendamente forte. Lasciar cadere la palla a terra, voltare le spalle al canestro e andarsene, oppure fare un tentativo, e lanciare la sfera verso il cesto. Cuore contro testa, emozione contro ragione. Se è vero che certi treni non passano due volte, e che certi amori fanno giri immensi e poi ritornano, vince il cuore: Elena infila un canestro dopo l’altro e capisce che quel che ama davvero è la pallacanestro.

La carriera di una giocatrice inimitabile

La fiammella fa presto a ridivenire incendio ed allora ecco che riparte, come se non si fosse mai fermata, la carriera di una giocatrice inimitabile. Ora Elena sa cosa vuole, ha superato le difficoltà, si sente ed è più forte. Dopo qualche stagione nella squadra universitaria, nel 2013 passa al professionismo nel Chicago Sky, vincendo subito il premio di miglior debuttante dell’anno.

Ben presto tutta l’America imparerà a conoscerla ed a tifare per lei. Con la nazionale infatti porterà a casa le Universiadi del 2011, l’oro alle Olimpiadi di Rio 2016 ed il mondiale di Spagna 2018. Il difficile paradossalmente è vincere in patria, con il titolo nella WNBA che arriva solo nel 2019: alla seconda stagione con Washington Mystics, e dopo aver perso un anno prima una finale a cui non aveva potuto partecipare per infortunio, ecco il successo. Ma se pensate che sia stato facile, sbagliate di grosso: Elena ha rischiato nuovamente di non esserci, a costo si stringere i denti e soffrire; le tre ernie al disco e la frattura al naso parevano avversari insormontabili, invece lei, come ha sempre fatto nella vita, ha stretto i denti ed alla fine, in gara-5, ce l’ha fatta.

Ora sapete davvero tutto. Un esempio, di vita e di sport, che andrebbe quasi fatto studiare sui banchi di scuola, perché una storia come questa può trasmettere forza a tante persone. Ora che la sceneggiatura è pronta, si può iniziare a girare.

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