Ciascuno di noi si è trovato tantissime volte a lanciare una palla di carta appallottolata in un cestino, nella speranza di far centro, con alle spalle un immaginario commentatore che diceva “canestro vincente di Michael Jordan !!!!”; beh da qualche anno a questa parte, le parole dell’immaginario commentatore sono cambiate e dicono “canestro vincente di Steph Curry”, e più ti allontani dal famoso cestino e più rimbomba nella mente il nome del fuoriclasse dei Golden State Warriors.

Già, perché è proprio il figlio d’arte – suo padre Wendell, detto Dell, ha giocato 16 anni nella NBA, chiudendo con una media di 11,7 punti a partita – Steph Curry ad aver elevato a sublime arte la specialità del tiro da lontano, ma proprio da lontano che più lontano non si può. Alzi la mano, senza mentire, chi aveva pensato che si potesse vedere un giocatore alzarsi e tirare, con percentuali incredibili, da poco oltre la metà campo?

Invece Curry figlio ha reso questo, se non una consuetudine, almeno una possibilità, e lo ha fatto in un momento storico del basket a stelle e strisce nel quale più che le doti tecniche si pensava che a contare fossero quelle fisiche. Assioma completamente rovesciato dall’asso dei Golden State Warriors, scelto nel 2009 con la settima scelta assoluta, e già questo la dice lunga sul fatto che molti addetti ai lavori non pensavano potesse diventare una star di primo livello; tanto per capire, gli furono preferiti il tanzaniano Hasheem Thabeet che in NBA ha viaggiato alla media di 2,2 punti a serata, Tyreke Evans e Ricky Rubio, buoni giocatori, per l’amor di dio, ma lontani anni luce dal livello di Steph.

La stupenda carriera del numero 30 è raccontata, con dovizia di particolari ed uno stile scorrevole in “Stephen Curry, best shooter ever”, opera edita dalla casa editrice Kenness, che ultimamente sta dando ampio spazio al fantastico mondo della pallacanestro. La carriera del fuoriclasse di Akron, ma cresciuto a Charlotte, dove il padre Dell, anche lui gran tiratore, crivellava le retine avversarie, è passata in rassegna con dovizia di particolari dall’autore Marco Munno, uno che di basket se ne intende, e neanche poco.

Un libro che si legge tutto d’un fiato, grazie anche alla veste grafica che aiuta nella lettura, immergendosi a 360° nella carriera, e nella vita, di Curry, un uomo di appena 188 centimetri, un’altezza normale in un mondo che fa dell’altezza il suo tratto distintivo, in grado, con la sua tecnica, il suo ball handling, la sua capacità di leggere il gioco, ma soprattutto il suo tiro, il suo mortifero tiro, di cambiare il modo di giocare.

Perché, Steph potrà anche essere antipatico – a chi poi? con quel suo empatico modo di essere – ma con lui, come dicono alla perfezione le parole di Marco Munno

E’ iniziata una nuova era geologica nel grande libro della storia della pallacanestro, quella che all’evoluzione sempre maggiore dei protagonisti, ha riportato – aggiungiamo noi finalmente – in auge la tecnica, portando ad un livello inimmaginabile il gesto principale legato al gioco, quello fondante, origine poi di tutto ciò che gravita intorno: semplicemente il tiro a canestro”.

Queste parole descrivono alla perfezione quello che è, è stato e sarà per sempre, Steph Curry, uno che ha cambiato il modo di giocare, spostando il baricentro del gioco lontano dal pitturato, restituendo dignità ad un fondamentale, quello del tiro, prima di lui troppo spesso dimenticato a favore di un atletismo sicuramente affascinante e coinvolgente ma che aveva la colpa di prevalere sulla tecnica pura. Ecco, se ora l’urlo che accompagna una tripla, magari da lontanissimo, è uguale, e talvolta superiore, a quella che accompagna una “Slam dunk”, il merito è proprio di Steph Curry da Akron, la cui parabola, ovviamente da lontano…, è raccontata nel bel libro di Marco Munno.

L’AUTORE
Marco A. Munno, nato nel 1986, ha affiancato all’iniziale lavoro di coach amatoriale di pallacanestro quello di scrittore, specialista media e creatore di contenuti: collaborando con le principali testate web cestistiche italiane (da “La Giornata Tipo” a “L’umiltà di chiamarsi Minors”) e con il quotidiano “Domani”. È inoltre Responsabile della Comunicazione per società ed eventi di basket come Eurobasket Roma, Stella Azzurra Roma, Supernova Fiumicino e il torneo di 3×3 StepBack.

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