Run and gun”, “corri e tira”, i più giovani si staranno chiedendo di cosa di parla, ed invece è il modo più appassionante di giocare a basket, quello senza troppe alchimie difensive, ma pensato, e fatto, per realizzare sempre un canestro in più degli avversari, e non per subirne uno di meno. Un tipo di basket che, al giorno d’oggi, è sempre più difficile da vedere, soprattutto in Europa, ma che in passato ha regalato momenti epici agli appassionati di tutto il mondo.

Perfetta esemplificazione di questo modo di intendere il basket è il “7 second or less”, dei Phoenix Suns della prima metà degli anni 2000, guidati da Mike D’Antoni, uno che ha l’Italia nel sangue. I più attempati, quelli con i capelli, se li hanno ancora, sale e pepe, lo ricorderanno prima come gran playmaker dell’Olimpia Milano, quella che faceva incetta di trofei, sia in Italia che in Europa, poi come ottimo coach, alla guida dell’Olimpia Milano, prima, e la Benetton Treviso, poi.

Ma cos’è il “7 second or less”? Lo racconta perfettamente il bel libro di Jack McCallum, un nome, una garanzia, dal titolo “sette secondi al massimo”, edito in Italia da 66thand2nd, casa editrice che, con la sua collana “Vite Inattese”, non sbaglia un colpo.

Sono 329 pagine che raccontano alla perfezione una squadra tanto emozionante quanto controversa, destinata a rimanere per sempre scolpita nell’immaginario collettivo.
Non tanto per i suoi successi – in quel periodo i “Soli” sono arrivati a due semifinali di Conference, eliminati da San Antonio prima e Dallas poi – ma per il modo rivoluzionario di intendere la pallacanestro, quello di arrivare al tiro, spesso da tre punti, entro i primi sette secondi di gioco, perché, come riporta l’eloquente virgolettato di Mike D’Antoni riportato nell’ultima di copertina:

La nostra miglior occasione di segnare consiste nel farlo prima che il cronometro dei 24 secondi arrivi a 17. Ciò significa che, una volta entrati in possesso della palla, l’obiettivo è lasciar partire un tiro entro sette secondi al massimo”.

Una filosofia a dir poco innovativa, destinata a lasciare il segno nell’evoluzione tattica della pallacanestro, tanto che anche i pluridecorati Golden State Warriors di Steph Curry ne hanno tratto evidente ispirazione. Proprio questa nuova filosofia rappresenta il “fil rouge” di una narrazione accattivante, grazie alla azzeccata traduzione di Dario Costa, autore anche dell’introduzione, per un libro che, pur andato in stampa nell’ormai lontano 2006, presenta un fascino da una parte retrò dall’altra sempre attuale.

Nelle pagine del libro, curiosamente diviso in ventisei capitoli, titolati semplicemente con il numero progressivo, intervallati da incisi dal titolo “Time Out completo”, tra i quali spicca quello a pag. 204, dedicato ad Amar’e Stoudemire ed al suo ritorno dallo infortunio – sette pagine da non perdere – si ritrovano tutti i protagonisti di quegli anni fantastici.

Ci sono Steve Nash, forse uno dei playmaker più visionari nella storia del basket NBA, una sorta di “Magic” bianco, uno che, tanto per capire, è il quinto assoluto quanto ad assist smazzati (10.335) nella storia della Lega, ed è uno dei nove cestisti NBA che fanno parte del club 50-40-90, riservati ai giocatori che hanno chiuso una stagione con il 50% dal campo, il 40 nelle triple ed il 90 dalla linea della carità. Insomma, un super, con l’unico neo di non aver mai conquistato un titolo NBA.

E poi, Amar’e Stoudamire, Shaw Marion, Leandro Barbosa e tutto il coaching staff di Mike D’Antoni, tra i quali trova posto unaltro ex italiano, quel Mark Iavaroni, visto a Brescia e Forlì a cavallo degli anni ’70 e ’80, e molti altri, compresi gli avversari che impazzivano quando dovevano trovare le giuste contrarie a quel modo, finora mai visto, di attaccare, sempre “7 second or less”. Perfette, in questo senso, le parole di Lawrence Frank, allora coach di New Jersey, al riguardo:

Giocare contro i Suns è come essere a bordo di un’automobile che sfreccia a cento all’ora. Alla velocità a cui vanno loro, se guidi ti senti a tuo agio, non altrettanto se sei il passeggero. Il trucco sta nel capire come prendere il volante, ma loro non te lo lasciano fare”.

Parole che descrivono alla perfezione quello che è stata la filosofia, ed il conseguente modo di giocare dei Phoenix Suns di Mike D’Antoni, stupendamente descritto da Jack McCallum nel suo “7 second or less”, adesso pubblicato in Italia con il titolo, a dir la verità non certo originale, di “Sette secondi al massimo”, edito dal 66thandsecond.

L’autore (dalla terza di copertina)
Jack McCallum ha lavorato per decenni a “Sports Illustrated”, seguendo soprattutto la NBA e ricevendo numerosi riconoscimenti. Il suo Dream Team, sulla leggendaria nazionale americana di basket alle Olimpiadi di Barcellona, è stato un bestseller in molti paesi. Nel 2024 è uscito negli Stati Uniti il suo ultimo lavoro, The Real Hoosiers, sulla vera storia che ha ispirato il film Colpo Vincente con Gene Hackman e Dennis Hopper.

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