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“Come è possibile? Mio figlio è sempre stato uno dei migliori in campo, è stato selezionato per la rappresentativa regionale, vive con tale intensità il basket che abbiamo deciso, con il suo consenso, di farlo lavorare singolarmente con un trainer 2 volte a settimana oltre gli allenamenti con la squadra, eppure ultimamente lo trovo distratto, non aspetta più con la stessa voglia il momento della gara, lo vedo meno sicuro di sé, ha sempre dolori allo stomaco non giustificati da alcuna patologia, tende a colpevolizzare compagni e allenatore…”
Un genitore che parla in questi termini del proprio figlio/a si trova spaesato e preoccupato.
Burn Out sportivo: quando e perchè insorge
Ma cosa sta’ accadendo? Quale può essere il problema?
Stiamo parlando di burn-out, ossia di una forte situazione di stress, in questo caso sportivo, tra le richieste dell’ambiente e le risorse che l’atleta è capace di mettere in campo. L’ atleta si sente improvvisamente esaurito, svuotato mentalmente e fisicamente e si assiste ad una perdita progressiva di ideali, stimoli ed energia nei confronti di un compito fino ad allora vissuto con estrema partecipazione.
Questo accade negli atleti di qualunque livello e quanto più si alza il livello prestativo, quanto maggiore è il rischio di saturazione.
Alcuni aspetti importanti che possono determinare l’insorgere del burn-out sono:
- Perdita di motivazione dopo performance negative
- Possibili infortuni
- Allenamenti troppo pressanti con scarso recupero
- Situazioni familiari e sentimentali che si modificano nel tempo generando tensioni
- Proiezioni esagerate sulla propria carriera ( i giovani atleti non sono ancora in possesso della capacità di considerare con obiettività le reali potenzialità)
Oltre a questi interessanti e fondamentali aspetti sulle varie e possibili cause del burn-out sportivo, vorrei incentrare l’attenzione su cosa oggi rappresenta il basket, e lo sport in genere, da un punto di vista sociale, per il giovane atleta per cercare di capire meglio quanto e in che modo si inserisca nella quotidianità della vita di ogni ragazzo/a .
Lo sport è attrattivo perché è un gioco
Friedrich Schiller, filosofo tedesco, affermava che “l’uomo è pienamente tale solo quando gioca” in quanto ,durante il gioco, la mente è libera e può così dare sfogo alla propria emotività e istintualità. Oggi esiste ancora l’idea di gioco istintuale?
Oltre la famiglia, la scuola, gli aspetti urbanistici della città, i modi di comunicare, la socialità, anche lo sport ha modificato profondamente il suo modo di essere.
Sono rimasti pochissimi spazi liberi dove poter giocare in libertà solo per il piacere di farlo e oggi i ragazzi sono inseriti fin da piccoli in strutture ben delineate. Gli allenamenti sono ad orari prestabiliti in modo tale da consentire lo svolgimento delle varie attività lavorative familiari e di studio.
Oggi quando un ragazzo sceglie di fare sport che, ricordiamo, si differisce dall’attività fisica in generale perché è continuativo ed è richiesta una prestazione, lo sport stesso diventa uno dei modi con cui l’atleta si confronta ed interagisce con il mondo che lo circonda.
Sport e società: le aspettative
Lo sport fa parte della società e quando un ragazzo si approccia ad esso deve fare i conti con le varie richieste che deve soddisfare: impegno, disponibilità, pressione mediatica e familiare, aspettative e rinunce.
L’atleta, anche solo il bravo playmaker di un campionato regionale, trasmette valori ed è spesso in vetrina e le sue prestazioni sono continuamente valutate e non parlo solo degli aspetti tecnici! Il ragazzo che si avvicina, e coloro che gli sono a fianco, ad uno sport strutturato deve da subito impegnarsi per far si che la sua attività non si trasformi da un lato in perdita di tempo e dall’altro in una totale alienazione dove solo lo sport ha valore.
Quando alla domanda posta ad un giovane cestista di 15 anni: “Cosa determina il tuo benessere? Quando ti senti soddisfatto ? Cosa ti fa sentire realizzato?” si ottiene come risposta “quando gioco bene e vinco” mi pongo delle domande come allenatore, ma soprattutto come educatore.
Lo sport può portare benefici economici, di immagine, può farci salire gradini sociali, ma non deve essere il punto di partenza dell’attività sportiva.
Burn out nello sport: un fenomeno in crescita
Il burn-out è un aspetto della vita sportiva molto cresciuto in questi anni. Alle prime avvisaglie di disagio nell’atleta è importante che chi si confronta con lui lo lasci parlare senza mai interromperlo, entrando nei suoi schemi mentali, aiutandolo non proponendogli le nostre soluzioni, ma accettando la sua visione del mondo sportivo e personale con la umiltà di un confronto che deve nascere soprattutto da una importante riflessione su ciò che noi allenatori, istruttori, preparatori ed educatori in genere intendiamo come sport da un punto di vista etico e formativo.
In questi momenti di grande difficoltà degli atleti è importante lavorare sulla motivazione “integrata” chiedendo all’atleta quanto lo sport fa parte della sua vita e si integra con altri aspetti, quanto lo fa star bene, quanto viceversa lo affatica e lo mette continuamente in discussione con se stesso.
Pancho Gonzales , uno dei più grandi tennisti del mondo diceva:
“C’è un circolo virtuoso nello sport: più ti diverti più ti alleni; più ti alleni più migliori; più migliori più ti diverti”.
Facciamo in modo di trovare una sintesi tra queste parole, che appartengono al secolo scorso, e l’idea odierna di sport che offre mezzi straordinari per migliorare la tecnica e il fisico, ma che deve interrogarsi su come poter lavorare per far si che la presunta nascita di un atleta importante non sia frenata dalla mancanza di attenzione ai molti aspetti che contribuiscono a formare la personalità di un giovane in divenire.
La società cambia molto velocemente e noi adulti che ci occupiamo di sport dobbiamo essere pronti a coglierne i continui mutamenti interrogandosi e cercando spiegazioni senza la presunzione di avere la soluzione in tasca.